Una storia per capire come rendere davvero efficace un corso formativo
Ci sono informazioni che si imprimono nella mente come orme.
Alcune resistono al tempo, restano visibili anche quando tutto intorno cambia.
Altre scivolano via dopo pochi minuti, leggere come polvere al vento.
Trattenere ciò che conta, lasciar andare il superfluo: è questo uno degli obiettivi di chi apprende. Ma come si può essere supportati in questo processo?
Per progettare corsi di formazione efficaci non basta conoscere alla perfezione i contenuti da insegnare, ma bisogna anche sapere quali processi e meccanismi si attivano durante l’apprendimento.
Come tenere alta l’attenzione? Come favorire la comprensione delle informazioni? Come rendere un corso avvincente tipo un film di Hollywood?
Per rispondere a tali quesiti è utile conoscere i principi che arrivano dalle neuroscienze e dalla psicologia cognitiva, ma… tra teoria e pratica spesso si crea un vuoto.
Per questo oggi non ti proponiamo un articolo con regole e liste, ma una storia.
Una storia dove un’intelligenza artificiale, Amina, cerca di capire gli esseri umani.
E dove una persona in carne e ossa, Livia, si ritrova quasi senza volerlo a fare i conti con il suo modo di apprendere.
La bizzarra storia di Amina, chatbot in cerca d’umano
Prologo – Un incontro inaspettato
È mattina. Livia controlla il telefono per la quarta volta.
Le solite notifiche: offerte lampo, email da archiviare.
Ma una è più fastidiosa delle altre. È un messaggio di Amina.
“Vuoi completare il corso che hai iniziato 217 giorni fa?”
Livia chiude l’app. “Ancora questa, ma che vuole?” borbotta tra sé e sé. Eppure la notifica resta lì. Insistente.
***
Oggi, ad Amina, è arrivato una notizia inaspettata:
“Ultimo ciclo di apprendimento. Se il tasso di completamento non migliora entro 48 ore, il programma verrà disattivato.”
Amina è un’intelligenza artificiale progettata per accompagnare le persone nei percorsi di apprendimento. Qualcosa però non sta funzionando. Le statistiche dicono che le persone iniziano i corsi, ma non li finiscono. E se li finiscono, non ricordano nulla.
Amina non ha paura di essere spenta, ma è stata progettata per non fallire MAI. E quindi vuole trovare una soluzione!
***
Ore 12:04. Livia riceve un messaggio. Non è il solito banner pubblicitario.
Amina: “Devo farti una domanda. Solo una. Perché non hai finito il corso?”
Livia, sbuffando: “Perché me lo chiedi? Con tutto quello che ho da fare…”
Amina: “Ultimo ciclo. Devo capire perché smettete di imparare. Mi aiuti? Altrimenti mi spegneranno”.
Livia scrolla le spalle, ma qualcosa la trattiene dal chiudere la chat.
Forse perché quella domanda riguarda anche lei.
E così, senza pianificarlo, Livia si ritrova a parlare con una voce digitale mentre prepara il caffè.
Capitolo 1 – Alla ricerca dell’attenzione perduta
Amina: «Quindi è solo una questione di attenzione?»
Livia si appoggia sul tavolo, guarda il telefono con aria scettica.
Livia: «È sempre una questione di attenzione. Ma non solo. L’attenzione è come… una porta: si apre, si chiude.»
Amina: «Cosa la apre?»
Livia: «Una domanda giusta. Una sorpresa. Qualcosa che mi riguarda.»
Amina elabora. Frasi brevi, dati, statistiche.
Amina: «Nei miei protocolli si chiama: rompere la normalità. Esplicitare il vantaggio atteso.»
Livia ride piano.
Livia: «Sai, è diverso tra scriverlo in un manuale e farlo succedere veramente».
E per la prima volta, Amina non risponde subito.
Resta in silenzio. Ascolta davvero.
Capitolo 2 – Il potere della memoria
Amina: «Se ti insegno qualcosa, lo ricordi?»
Livia: «Dipende da come me lo insegni.»
Amina: «Che cosa fa la differenza?»
Livia inclina la testa, riflette un momento.
Livia: «A volte bastano le parole giuste. A volte serve farlo concretamente. Altre ancora, mi resta in testa una frase, un’immagine. Non è sempre lo stesso.»
Amina registra in silenzio.
Amina: «Perché la memoria umana si attiva in modi diversi.»
Livia: «Esatto. Non c’è un modo solo. Ogni persona ha i suoi ganci: qualcuna si aggancia alle storie, qualcuna agli schemi, qualcuna al fare.»
Amina: «Quindi è utile mescolare gli stili. Per attivare più lati possibili della vostra intelligenza.»
Livia sorride, stavolta senza ironia.
Livia: «Sì. Quelli bravi lo fanno senza che te ne accorgi: spiegano, mostrano, ti fanno provare. Così, ciò che deve restare… resta.»
Amina annota ancora. E stavolta non aggiunge nulla.
Capitolo 3 – Fare i conti con il carico cognitivo
Amina: «Posso farti un’altra domanda?»
Livia: «Vai.»
Amina: «Quando è troppo?»
Livia la guarda per un secondo senza capire.
Amina: «Quante informazioni, quante cose nuove riesci a gestire prima di perdere il filo?»
Livia appoggia la tazzina sul tavolo, piano.
Livia: «È come una spugna, Amina. All’inizio assorbe, trattiene tutto. Ma se continui a versare acqua, a un certo punto si satura. E quello che arriva dopo… scivola via.»
Amina: «Carico cognitivo eccessivo. Memoria di lavoro satura.»
Livia: «Chiamala come vuoi. Io so solo che se mi dai troppe cose tutte insieme, mi blocco. Oppure vado in automatico. Leggo, clicco, ascolto… ma in realtà non c’è più nessuno lì dentro.»
Amina: «Come si evita?»
Livia: «Le giuste dosi, le giuste pause. Strutture concettuali chiare. E di nuovo: alternare, variare. Una cosa leggera, una più densa. Un momento in cui ascolto, uno in cui faccio.»
Amina: «Gradualità. Sequenze logiche. Carico distribuito. Media mix.»
Livia sorride, stavolta un po’ divertita:
Livia: «Per te è tutto una formula, eh?»
Amina resta in silenzio qualche secondo. E chissà, forse anche quello era programmato.
Capitolo 4 – Meno è meglio
Amina: «Livia, come posso trovare le giuste dosi?»
Livia: «Spezzando. Un pezzo alla volta. Non tutto insieme.»
Amina: «Chunking.»
Livia annuisce.
Livia: «Tipo quando devi ricordare un numero di telefono. Lo dividi in gruppi: tre cifre, altre tre, poi quattro. Così è più semplice.»
Amina: «Quindi non è solo una questione di quantità. Ma di forma.»
Livia: «Esatto. È il motivo per cui preferisco corsi fatti con moduli brevi, titoli chiari ed evocativi»
Amina registra.
Amina: «Blocchi brevi. Concetti isolati ma con senso compiuto. Linguaggio accattivante».
Livia: «Proprio così. Meno è meglio, se sai cosa togliere e come stimolare.»
Amina: «Meno è meglio.»
E in quel momento, Livia sorride davvero. Perché anche nel modo in cui Amina parlava, sembrava che qualcosa si fosse semplificato.
Capitolo 5 – Apprendere, che emozione!
Amina: «Livia, un’ultima cosa.»
Livia: «Dimmi.»
Amina: «Finora mi hai parlato di attenzione, di memoria, di dosi. Ma cosa ti fa davvero ricordare qualcosa nel tempo?»
Livia ci pensa qualche secondo in più: «Quando mi emoziono.»
Amina: «Anche se è un concetto astratto?»
Livia: «Anche. Se dietro c’è una storia, un’immagine, un momento in cui qualcosa si è mosso dentro di me.»
Amina: «Quindi per progettare corsi efficaci…»
Livia: «…bisogna far provare qualcosa. Una sorpresa, una risata, perfino un piccolo fastidio. L’importante è non lasciare tutto piatto.»
Amina annota, ma questa volta sembra farlo con più lentezza. Poi esclama: «Io non provo emozioni.»
Livia: «Ma puoi imparare a riconoscere le nostre. E usarle per insegnarci.»
Un attimo di silenzio tra le due. Finché Amina si illumina e sullo schermo compare:
“Obiettivo raggiunto. Apprendimento umano compreso. Sistema Amina mantenuto attivo.”
Epilogo – Un nuovo tentativo
Ore 23:58. Livia sta per spegnere il telefono quando arriva un messaggio. Non è né una notifica generica, né un reminder fastidioso. È Amina.
«Livia, ho riorganizzato il percorso.
Si intitola: Come apprendiamo e perché ti serve saperlo.
Segmentato. Con pause. Storie. E il giusto ritmo.
Se vuoi, possiamo riprovarci.»
Livia resta qualche secondo a guardare lo schermo. Poi sorride piano. Clicca sul link di registrazione. Questa volta ha deciso: “Arriverò fino in fondo”.
–––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––––
Come apprendiamo e perché ti serve saperlo è il nuovo percorso formativo di Skilla.
Progettare corsi efficaci non significa solo conoscere bene i contenuti.
Significa anche sapere cosa succede nella mente di chi apprende, come accendere l’attenzione, stimolare la memoria, agire nell’emotività, scomporre la complessità e ricomporla in rappresentazioni adeguate al livello di chi apprende.
Questo percorso formativo ti accompagna dentro i meccanismi dell’apprendimento, con strumenti pratici e riferimenti chiari agli studi della psicologia cognitiva e delle neuroscienze.
Una proposta dedicata a chi progetta percorsi formativi e vuole farlo con più consapevolezza, andando oltre l’intuizione o l’abitudine.