L’obiettivo non è che tutti sappiano programmare l’intelligenza artificiale, ma che nessuno si senta programmato da essa
Nella nostra percezione quotidiana l’intelligenza artificiale (IA) è l’esatto opposto di una sveglia sul comodino. Tutti abbiamo una sveglia sul comodino che ci fa letteralmente dormire tranquilli; perché è comprensibile, sappiamo come funziona e risponde a regole semplici e prevedibili. Benché non abbiamo la comprensione di un orologiaio, abbiamo un modello mentale semplice che è sufficiente per renderla uno strumento al nostro servizio, familiare e controllabile.
L’intelligenza artificiale rappresenta oggi l’esatto opposto. È un’astratta e complessa scatola nera che non riusciamo a comprendere. Non sentiamo di controllarla e la percepiamo come qualcosa di oscuro e minaccioso che finirà per dominare le nostre vite. Abbiamo perso ogni senso di “agency” nei suoi confronti: è lei a controllare noi, non il contrario. Alle legittime preoccupazioni sull’IA si sovrappongono così timori irrazionali, alimentati proprio da questa sensazione di impotenza di fronte all’incomprensibile.
Ma come possiamo governarla, beneficiarne e tutelarci da essa se non riusciamo neanche a spiegarla? […]
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