In ogni relazione, professionale o personale, c’è una variabile silenziosa e potente: la fiducia. È ciò che crea un legame, che trasforma un gruppo di persone in un team, che rende credibile la leadership e che fa delle organizzazioni comunità in evoluzione.
Oggi il lavoro cambia i suoi connotati continuamente: uffici ibridi, team geograficamente sparsi, riunioni online. In questo scenario, una leadership fondata solo sul controllo non è più adeguata e non è la chiave per tenere davvero unite persone e organizzazioni.
La fiducia è il terreno da cui nascono collaborazione, benessere organizzativo, innovazione, futuro. Quando circola, tutto cambia e si moltiplicano le possibilità: le persone si sentono riconosciute, le figure manageriali si affidano, fioriscono idee e crescita condivisa, i team diventano incubatori di energia e creatività.
Iniziamo dal data telling: i dati raccontano
Prendiamo come riferimento i dati del report Best Workplaces Italia 2025 condotto da Great Place to Work Italia su un campione di 203.000 persone per 404 aziende. Si osserva che il livello medio di fiducia (Trust Index) percepito nelle aziende italiane d’eccellenza si attesta all’84,37%, oltre 4 punti in meno rispetto all’anno precedente (la diminuzione è dovuta all’entrata nel campione di aziende più grandi: maggiore è la complessità, maggiore è la difficoltà a mantenere la fiducia).
Nel 2024, le imprese con i livelli di fiducia più elevati hanno registrato una crescita media del 19,48% del fatturato rispetto all’anno precedente. A livello europeo però, il report 2025 evidenzia una criticità: solo il 43% della forza lavoro italiana considera la propria azienda un “eccellente luogo di lavoro”, il dato più basso tra i 19 Paesi analizzati (la media europea è del 59%).
Un ultimo dato interessante: nelle aziende classificate tra i Best Workplaces for Women, la fiducia espressa dalle collaboratrici raggiunge l’87%, segno che politiche inclusive e cultura organizzativa positiva possono fare la differenza.
Costruire la fiducia è un processo complesso che ha bisogno di tempo e continuità, si sviluppa su più livelli ed è influenzato da molteplici fattori. Come possiamo realizzarlo? Con quali approcci e cassetta degli attrezzi? A guidarci nei lavori di edificazione c’è il Professore Gabriele Gabrielli (CEO People Management Lab S.r.l./SB e Presidente della Fondazione Lavoroperlapersona) che, in partnership con Skilla, ha curato un percorso formativo dedicato a questo tema dal titolo People Management: costruire la fiducia.
Le dimensioni della fiducia, tra ragione ed emozione
È una parola che usiamo spessissimo, ma forse non ne conosciamo tutte le sfumature e implicazioni. Cos’è la fiducia?
Nei contesti organizzativi, possiamo definirla come la disponibilità ad aprirsi verso colleghi e colleghe, accompagnata dall’aspettativa positiva nei confronti delle loro intenzioni e dei loro comportamenti.
“Te lo racconto perché mi fido di te”, “Mi fido delle tue parole”: fidarsi significa potersi esporre senza timore di conseguenze negative, raccontare qualcosa sapendo che sarà accolto con rispetto oppure affidare un compito, confidando che sarà portato a termine con cura.
La fiducia si nutre di ragione ed emozione, nasce dall’incontro tra competenza e connessione, innescando valutazioni concrete e sensazioni profonde.
Da un lato, ci fidiamo quando vediamo nell’altra persona abilità, affidabilità, coerenza e onestà. Dall’altro, entra in gioco la sfera relazionale: rispetto, empatia, inclusione e desiderio di creare una connessione vera. Entrambe le dimensioni sono necessarie, perché la fiducia si costruisce con i fatti, ma cresce grazie alle relazioni.
All’interno di un’organizzazione, la fiducia è reciproca e si muove in più direzioni; non si tratta solo di ciò che pensiamo delle figure manageriali o delle persone con cui lavoriamo, ma anche di quanto gli altri sentono di poter contare su di noi. Ed è questa reciprocità che la rende un elemento vivo, dinamico ed essenziale per far funzionare i team.
La fiducia porta benefici concreti, visibili e percepibili nel benessere e nella performance: sentirsi valorizzati e ritenuti capaci rafforza l’impegno, accende la motivazione e fa crescere la fiducia in sé.
Nei team si traduce in comunicazione più fluida, collaborazione più efficace, meno conflitti e più inclinazione a partecipare. A livello organizzativo, riduce il turnover, stimola l’innovazione e favorisce un clima positivo e produttivo.
La fiducia non è un atto isolato, ma una relazione che si alimenta nel tempo, un equilibrio continuo tra dare e ricevere. Quando c’è, trasforma il lavoro in un luogo dove le persone si sentono viste, ascoltate e libere di dare il meglio di sé.
Team sicuri e fiduciosi: la sicurezza psicologica che fa crescere le persone e le organizzazioni
La definizione viene introdotta per la prima volta negli anni ’90 dalla professoressa Amy Edmondson della Harvard Business School: la sicurezza psicologica descrive la sensazione condivisa in un team di potersi esprimere senza paura; fare domande, proporre idee, ammettere errori o prendere rischi, senza temere ripercussioni, umiliazioni o esclusione.
Riconosciamo un ambiente come psicologicamente sicuro quando permette alle persone di sentirsi libere di esprimersi anche quando hanno opinioni diverse, di affrontare nuove sfide senza il timore di sbagliare e di riconoscere il valore del confronto.
Un safe space è quello in cui il rispetto è reciproco e gli errori vengono vissuti come occasioni di apprendimento, non come colpe, mancanze da punire.
Quando c’è sicurezza psicologica, le persone collaborano meglio, si sentono più coinvolte, portano idee nuove e si concentrano su come migliorare e non su come difendersi o tutelarsi.
La fiducia è la condizione imprescindibile per generare sicurezza psicologica, ma precisiamo che i due concetti si differenziano per il raggio d’azione.
Infatti, mentre la prima è un’aspettativa positiva tra due persone, l’altra è un’aspettativa positiva intra-gruppo e rappresenta la sensazione che in quel gruppo sia possibile mostrarsi vulnerabili senza rischi di derisione o penalizzazioni.
La sicurezza psicologica è una responsabilità condivisa da chi guida e da chi fa parte del team. Si concretizza ogni giorno, attraverso azioni e comportamenti: mostrando un interesse autentico per le persone, condividendo i propri errori senza timore, offrendo ascolto e supporto, delegando con fiducia e coinvolgendo attivamente anche chi tende a restare in silenzio.
Creare un ambiente in cui sia possibile proporre idee, commettere errori, imparare e crescere non è soltanto una scelta etica, ma anche una strategia efficace per migliorare il lavoro collettivo. Là dove c’è sicurezza psicologica, aumentano la collaborazione, l’innovazione e le possibilità di ottenere risultati solidi e duraturi.
Delegare con fiducia: far crescere le persone e liberare il potenziale del team
Un altro tassello fondamentale è la delega. Anche delegare è un atto di fiducia che, se ben gestito, contribuisce a rafforzare la leadership, valorizzare il lavoro e le persone, far crescere l’organizzazione. Scopriamo perché.
Non si tratta semplicemente di distribuire compiti, ma significa affidare un’attività, fornendo le risorse e l’autonomia necessarie per portarla a termine, con l’obiettivo di raggiungere insieme un risultato condiviso. Non è un atto ma un processo che valorizza le persone, ne incoraggia la crescita e rafforza il senso di appartenenza all’interno del team.
Ma è importante chiarirlo: delegare non vuol dire scaricare meccanicamente il lavoro, né assegnare un compito per poi tenere ogni dettaglio sotto stretto controllo; e non equivale a fare un passo indietro, abbandonando chi se ne occupa. Una delega autentica nasce da un rapporto di fiducia e dalla conoscenza delle capacità, espresse o ancora potenziali, di chi fa parte della squadra.
Delegare crea valore a più livelli, in modo evidente ma anche sottile. All’interno dell’organizzazione, favorisce una cultura di fiducia, rende i team più flessibili e aiuta a prevenire il turnover. Per chi guida, è un modo per alleggerirsi operativamente e concentrarsi su ciò che è davvero strategico, offrendo al tempo stesso occasioni di crescita a chi lavora nel team, anche in ottica di futuro e successione. Per chi riceve l’incarico, la delega è spesso una spinta positiva: accende la motivazione, aumenta il coinvolgimento e rafforza l’autonomia.
Delegare è una pratica da coltivare, non un’azione sporadica. Richiede chiarezza su obiettivi e risultati attesi, la definizione del livello di autonomia concesso e attenzione alle risorse e agli ostacoli. Ma soprattutto richiede esperienza reciproca: più una persona riesce a gestire con successo ciò che le viene affidato, più cresce la fiducia e con essa lo spazio per agire in autonomia.
“La fiducia è il collante delle relazioni umane e il carburante di ogni team efficace” (P. Lencioni)
La fiducia, la sicurezza psicologica e la capacità di delega sono leve profonde che modellano la cultura di un’organizzazione. Ciò che le rende davvero preziose non è solo l’efficienza o la produttività, ma la qualità delle relazioni, l’assertività, la condivisione, l’impulso a mettersi in gioco che generano.
Le persone che ricevono fiducia vogliono dimostrare di essere all’altezza e danno il meglio di sé e a loro volta, trasmettono fiducia agli altri, generando un circolo virtuoso.
Quando un team sente di poter rischiare, sbagliare e proporre idee senza paura, emerge qualcosa che nessuna struttura gerarchica può creare da sola: un ecosistema di crescita continua, dove il talento si libera, le competenze si moltiplicano e la collaborazione diventa naturale.
E proprio in quei piccoli momenti, nell’ascolto, nel dare autonomia, nel valorizzare idee e capacità, che si prepara il terreno per team più uniti e forti, innovativi e capaci di affrontare il futuro.
Scopri il percorso Skilla People Management: costruire la fiducia