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Come cambia la gestione delle risorse umane in una skills-based organization

Skills-based organization: un modello emergente che sta trasformando il modo in cui le aziende gestiscono persone, ruoli e competenze. In un contesto segnato da innovazione tecnologica e rapidi cambiamenti, cresce l’esigenza di superare le strutture rigide basate su mansioni predefinite e organigrammi statici. Sempre più organizzazioni si orientano verso un approccio centrato sulle competenze effettive delle persone. Ma quale impatto ha questo cambiamento sulla funzione HR?

Cos’è una skills-based organization

Una skills-based organization, o organizzazione basata sulle competenze, è un modello organizzativo che pone le competenze individuali al centro delle decisioni aziendali.

In questo approccio, le scelte in ambito HR si basano sulle competenze effettivamente possedute dalle persone, più che sul ruolo formalmente ricoperto. Si supera così il modello tradizionale, fondato su job description rigide e ruoli predefiniti, a favore di una logica orientata allo sviluppo delle competenze, al reskilling e all’upskilling continui.

Il passaggio verso una skills-based organization non è semplice né immediato, ma riflette un cambiamento già in corso: secondo Deloitte, il 71% dei lavoratori svolge attività al di fuori delle responsabilità previste dalla propria posizione. Un segnale dell’evoluzione verso modelli più agili e flessibili, in cui la cultura aziendale orientata alle competenze inizia a prendere piede.

Per scoprire come questo approccio viene applicato nella realtà, puoi leggere l’articolo dedicato a esempi concreti di skills-based organization.

L’evoluzione del ruolo HR in una skills-based organization

In una skills-based organization, la funzione HR assume un ruolo strategico. È proprio l’HR a dover ripensare i sistemi di valutazione delle competenze, la mobilità interna, le traiettorie di crescita e la stessa definizione di “ruolo”. Il passaggio a una skills-based organization richiede infatti una gestione del talento più fluida, dinamica e orientata alle competenze.

A conferma di questa evoluzione, un’analisi di Deloitte rivela che quella del Chief Human Resources Officer (CHRO) è la figura dirigenziale che ha registrato il maggiore aumento nel numero di competenze richieste negli ultimi cinque anni: +23%, più di qualsiasi altra posizione manageriale.

La funzione HR sta evolvendo da un’impostazione normativa e amministrativa verso una responsabilità sempre più ampia, che include strategia, tecnologia e sviluppo organizzativo. Cresce così l’aspettativa che chi lavora nelle risorse umane integri competenze analitiche e digitali, senza perdere di vista la centralità dell’esperienza delle persone.

Nuovi ruoli dell’HR nella skills-based organization

Esploriamo tre aree di trasformazione per l’HR in una skills-based organization.

1. Assunzioni per competenze: il nuovo ruolo dell’HR

Nel contesto di una skills-based organization, il recruiting assume un ruolo centrale. Il recruiting basato sulle competenze (skills-based hiring) dà priorità alle capacità effettive delle persone, tecniche e trasversali, piuttosto che ai titoli di studio o ai percorsi tradizionali.

Il World Economic Forum sottolinea come questo approccio consenta di assumere oggi per i lavori di domani, rendendo le aziende più resilienti e i candidati più adatti a un mercato in continua evoluzione.

Adottare pratiche di skills-based hiring significa ripensare l’intero processo di selezione. Workday propone cinque domande operative per i team di recruiting:

  1. Le job description sono costruite sulle competenze chiave, con un linguaggio inclusivo?
  2. I canali utilizzati ampliano realmente il bacino di talenti?
  3. I colloqui valutano concretamente le competenze richieste?
  4. Le opportunità interne sono valorizzate quanto quelle esterne? Una mappatura delle competenze interne può far emergere talenti oggi invisibili.
  5. Le storie di successo aiutano a superare pregiudizi? Raccontare percorsi non convenzionali rafforza la cultura aziendale orientata alle competenze.

Domande semplici, che spostano l’obiettivo: non più solo trovare chi è adatto o adatta ad un ruolo, ma capire chi può generare valore attraverso le proprie competenze.

2. Design del lavoro: competenze oltre i ruoli

In una skills-based organization, l’HR non può limitarsi a gestire ruoli e posizioni. Il suo compito diventa ripensare il design del lavoro: analizzare attività, riallocare talenti, promuovere la mobilità interna e aggiornare le competenze, tenendo conto anche dell’impatto dell’Intelligenza Artificiale.

Il tema delle competenze si intreccia sempre più con l’evoluzione dell’IA.
Se le competenze sono il cuore dell’organizzazione, cosa accade quando la tecnologia è in grado di amplificarle?

C’è chi parla di “super worker” o “lavoratori 100x”, in grado di moltiplicare il proprio impatto grazie ad assistenti virtuali, automazione e strumenti generativi.

Per restare al passo, l’HR deve saper riallocare rapidamente le competenze, promuovere una cultura della sperimentazione e sostenere l’apprendimento continuo, soprattutto in relazione all’uso consapevole dell’IA. È così che il lavoro può evolvere in modo sostenibile, restando centrato sulle persone e sulle loro capacità in trasformazione.

3. Tecnologia e dati: guidare l’HR con una visione skills-based

Nella skills-based organization, la tecnologia HR non è più solo un supporto operativo, ma un fattore abilitante. Per questo, chi lavora nelle risorse umane non può limitarsi a integrare soluzioni digitali nei processi: deve acquisire una conoscenza esperta e consapevole nell’utilizzo di queste tecnologie.

La gestione delle risorse umane in una skills-based organization richiede oggi la capacità di selezionare, utilizzare e interpretare piattaforme, spesso basate sull’Intelligenza Artificiale, che offrono una visione dinamica e aggiornata delle competenze presenti in azienda. Non si tratta solo di implementare software, ma di comprenderne le logiche, analizzare i dati e trarne insight per orientare le decisioni strategiche.

Come evidenziato da Forbes, sebbene la validità del modello delle skills-based organization sia ampiamente riconosciuta, la sua applicazione concreta resta complessa. Il nodo non è la mancanza di visione, ma spesso l’assenza di strumenti operativi realmente adeguati.

Secondo Josh Bersin, l’HR deve diventare “esperto di dati real-time sull’organizzazione”, capace di cogliere di cogliere tempestivamente bisogni emergenti, individuare transizioni di carriera e valorizzare skill non ancora pienamente attivate.

Skills-based organization HR

Vantaggi e limiti dell’approccio skills-based per gli HR

3 vantaggi per gli HR

  1. Decisioni più rapide e consapevoli grazie ai dati
    L’integrazione di piattaforme a sostengo dell’adozione di un approccio skills-based consente all’HR di avere una mappatura aggiornata delle competenze presenti in azienda. Questo si traduce in decisioni più tempestive, basate su insight affidabili, per pianificare evoluzioni di ruolo, percorsi di carriera e strategie formative.
  2. Formazione personalizzata e apprendimento continuo
    L’approccio basato sulle competenze incentiva la costruzione di percorsi di upskilling e reskilling mirati, legati ai bisogni reali delle persone e alle esigenze strategiche dell’organizzazione. Promuove una cultura dell’apprendimento continuo e consente di rendere la formazione più personalizzata ed efficace.
  3. Maggiore riconoscimento, maggiore retention
    Valorizzare le competenze reali, al di là del ruolo formale, rafforza il senso di appartenenza e la motivazione delle persone. Questo approccio migliora la retention, incentiva la mobilità interna e contribuisce a costruire una employee experience più gratificante, basata sul riconoscimento del valore individuale.

3 limiti da considerare

  1. Tempi lunghi, benefici graduali
    Adottare un approccio skills-based significa ripensare il funzionamento dell’organizzazione. Si tratta di una trasformazione strutturale che richiede tempo, risorse e una governance costante. La mappatura delle competenze, l’integrazione di nuove piattaforme digitali e la costruzione di una cultura data-driven HR sono processi complessi, i cui benefici emergono solo nel medio-lungo termine. Questa dinamica può generare frustrazione e portare alcune aziende ad abbandonare il percorso prima di ottenere risultati concreti.
  2. Trascurare aspetti relazioni e contestuali
    L’idea di classificare ogni competenza in modo oggettivo rischia di semplificare eccessivamente la complessità del lavoro. Soft skills, relazioni, cultura organizzativa e contesto influiscono profondamente sulla performance ma sono difficili da rilevare. Il rischio è quello di sottovalutare dimensioni fondamentali per la coesione interna, e l’efficacia operativa quotidiana.
  3. Competenze strategiche difficili da rilevare
    Le competenze più strategiche – come il pensiero trasversale, la capacità di collegare funzioni, leggere interdipendenze e anticipare problemi – non sempre emergono nei sistemi di matching delle competenze. Queste piattaforme tendono a valorizzare le competenze esplicite e facilmente misurabili, rischiando di penalizzare quei profili capaci di innovare, guidare il cambiamento e contribuire in modo integrato alla visione aziendale.

In sintesi: il limite chiave delle skills-based organization è anche il loro punto di forza.

Le skills-based organization, se ben progettate, favoriscono un modello di lavoro più fluido, meritocratico e orientato allo sviluppo delle competenze. Tuttavia, se applicate in modo meccanico, rischiano di ridurre le persone a “cataloghi di competenze”, trascurando il valore generato dall’integrazione di conoscenze, esperienze e prospettive diverse. Il vero potenziale emerge solo quando la gestione per competenze si combina con una visione umana e sistemica dell’organizzazione.

Scritto da: Arianna Meroni il 26 Giugno 2025

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