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GAMIFICATION: formazione ed e-learning ai tempi dei ‘nativi digitali’

La tendenza alla gamification è certamente quella che più caratterizza i tempi che stiamo vivendo e si riflette anche sull’e-learning, settore che di tendenze vive. Sono troppi però gli indizi che ci fanno già capire come questa non sia una moda passeggera ma una rivoluzione culturale destinata ad entrare progressivamente nelle nostre vite e a restarci.

Di cosa si tratta? Ce lo spiega in poche parole anche Wikipedia: è l’utilizzo di elementi mutuati dai giochi (come punti, livelli, ricompense, distintivi) in contesti esterni ai giochi. Quali contesti? Ad esempio la formazione.

Lo sosteneva già Huizinga nel 1938 (Homo ludens): la prima forma di apprendimento umana e animale è proprio il gioco. Tuttavia il binomio gioco e formazione ci ha messo secoli per svestire i panni dell’ossimoro (un po’ come il diavolo e l’acqua santa) e superare lo snobismo accademico di chi confonde la serietà della formazione con la seriosità. Oggi sono molti (su tutti Marc Prensky) quelli che vedono nella dimensione ludica la chiave di volta per massimizzare l’efficacia e il coinvolgimento dell’apprendimento. Perché? Perché il gioco è uno strumento cognitivo prevalentemente autodiretto e risponde a una logica in cui è il soggetto che va a caccia della conoscenza e lo fa secondo una sua spontanea volontà, desiderio o bisogno. Ed è proprio questo fattore che massimizza l’efficacia dell’apprendimento. Si passa dunque da una mera logica push di tipo tell-test a una logica pull in cui è il discente (non eterodiretto) il protagonista della attività formativa.

Pensiamo, ad esempio, alla possibilità di sperimentare situazioni della vita reale in un ambiente controllato. Questo aspetto è cruciale per la Defense Acquisition University (DAU) del Dipartimento della Difesa americano che, attraverso Procurement Fraud Indicators Game, permette di allenarsi a scoprire le frodi. Nel gioco ogni partecipante raccoglie informazioni su una frode su cui è in corso un’indagine, poi interroga uno dei sospetti. Alla fine, il giocatore deve scegliere una delle tre teorie proposte sulla frode, guadagnando una ricompensa in caso di risposta corretta.

Marriott International è stata invece tra i primi a testare la gamification come modo per reclutare nuovi collaboratori con un game accessibile anche tramite Facebook. In Marriott Hotel i giocatori devono destreggiarsi tra le varie responsabilità del capo cucina di un hotel. Lo scopo è attrarre l’attenzione dei gamers tra i 18 e i 27 anni e stimolarli a intraprendere una carriera nell’industria dell’ospitalità usando i social network come strumenti di recruiting.

I modelli applicativi sono infiniti ed è importante sottolineare che non tutti richiedono massicci investimenti per poter essere implementati: non bisogna infatti confondere una metodologia con una tecnologia. Se i meccanismi che legano gioco e apprendimento sono universali, diventano essenziali se si considera che si sta affacciando al mondo del lavoro una generazione di “digital natives” ossia di persone immerse sin dalla nascita in un mondo fatto di tecnologie digitali che ha plasmato il loro modo di apprendere rendendolo estremamente rapido, multitasking, orientato all’obiettivo e non sequenziale.

Non si può rispondere alle esigenze formative di questi individui con vecchi modelli e forse è anche per questo che il mercato della gamification si stima raggiungerà i 5 miliardi di dollari entro il 2018 (Markets and Markets) e già entro il 2014 il 70% di 2000 organizzazioni mondiali utilizzerà applicazioni basate sui giochi per valutare performance, benessere e formazione dei dipendenti (Gartner). “Quando soffia il vento del cambiamento, alcuni costruiscono muri, altri mulini a vento” (Proverbio cinese).

Tu cosa farai?

Vincenzo Petruzzi

Scritto da: Vincenzo Petruzzi il 6 Maggio 2014

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